Lo studioso di fenomeni ufologici Ivan Sanderson, nei suoi libri "Uninvited visitors" (New York,1967: traduzione italiana:
"UFO visitatori dal cosmo", Roma, 1974), "Things" (New York, 1967) e "Invisibile residents" (ivi, 1970), ha sostenuto l'ipotesi che, se gli "oggetti volanti non identificati" appaiono e
scompaiono in maniera subitanea, come talvolta è stato osservato, potremmo trovarci in presenza di creature invisibili, la cui esistenza si collocherebbe su una scala temporale radicalmente
diversa alla nostra.
Un caso ben noto agli specialisti è quello di un graduato dell'esercito cileno, il caporalmaggiore Armando Valdés Garrido che,
il 25 aprile 1977, alla testa della sua pattuglia di 7 uomini, fu testimone oculare dell'atterraggio di un "disco volante".
Spintosi in avanscoperta, scomparve alla vista dei suoi soldati in una specie di nebbia violacea per riapparire 15 minuti dopo in stato confusionale, con la barba lunga di 5 giorni e con le lancette dell'orologio bloccate sulla data del 30 aprile.
Si tratta di un genere di fenomeni la cui natura rimane, per noi, alquanto misteriosa e per i quali, lo studioso americano Meade Layne ha creato la terminologia MAT-DEMAT, ad indicare la
materializzazione e la smaterializzazione di corpi umani o alieni e di oggetti, compresi, appunto, i cosiddetti "dischi volanti".
Layne aveva ricevuto la notizia dell'origine ultradimensionale delle creature aliene da un medium, nel corso di una seduta spiritica che ebbe luogo a San Diego, in California, nel 1946. Del resto, coloro i quali hanno un minimo di dimestichezza con le modalità delle sedute spiritiche, sanno che vi si verificano con frequenza fenomeni di apporto ed asporto di oggetti, più raramente di creature dall'apparenza umana o animale; ossia, la loro comparsa o la scomparsa improvvisa, come se andassero e venissero da un'altra dimensione.
Può verificarsi, ad esempio, una pioggia di pietre (che, stranamente, di solito non colpiscono i presenti e non provocano alcun danno), che poi rimangono sul pavimento; una caduta di oggetti di uso comune (forbici, ad esempio: che, magari, si infiggono sul tavolo della seduta); un rapido strisciare, correre o saltare di animali quali cani, gatti, volatili e così via.
Questi oggetti e queste entità non conoscono ostacoli fisici, passano attraverso muri e vetrate, irrompono attraverso il tetto o le porte chiuse; in effetti, sembrano comparire dal nulla. Una
fenomenologia analoga è stata osservata a proposito del mistico indiano Sai Baba, il quale sarebbe in grado di far comparire oggetti di vario tipo; ma anche in casi più "umili" e meno
spettacolari, come quello di un sacerdote di un paesino pedemontano del Friuli occidentale, del quale si dice che sia in grado di moltiplicare oggetti, come le mele contenute in un cesto nel
corso delle funzioni religiose: fenomeno che ricorda da vicino il miracolo evangelico della moltiplicazione dei pani e dei pesci.
Ad ogni modo, si tratta di fenomeni che nulla hanno a che fare con l’emissione della caratteristica sostanza gelatinosa dalla bocca (o, più raramente, dal naso o dagli orecchi) del medium nel
corso di una seduta spiritica: anche perché, in quest’ultimo caso, si tratta chiaramente della formazione di simulacri di oggetti o di parti anatomiche incomplete (teste, mani, ecc.) e non
di cose o persone complete e vitali, che "entrano" istantaneamente e inspiegabilmente nel nostro campo percettivo e che, altrettanto subitaneamente, possono scomparire. Sappiamo, che in certi
ambienti, da anni si parla sottovoce di un misterioso esperimento che la Marina degli Stati Uniti d’America avrebbe compiuto in un porto dell'Atlantico negli ultimi tempi della seconda guerra
mondiale, che sarebbe consistito nel far "scomparire" una nave da guerra e nel farla "ricomparire" simultaneamente, ad alcune centinaia di chilometri di distanza.
Si tratta del famoso (o famigerato, visto che i membri dell’equipaggio avrebbero subito danni irreversibili al sistema nervoso) Philadelphia experiment, sul quale esiste una discreta
bibliografia; anche se, ufficialmente, esso non è mai stato riconosciuto dalle Forze Armate di quel Paese e, anzi, è stato esplicitamente e recisamente negato.
Ma, tornando al tema MAT-DEMAT nell'ambito delle ricerche ufologiche, va notato che lo studioso Ugo Dettore, fin dal 1978 (nell'Enciclopedia di Parapsicologia e dell'insolito intitolata "L’uomo e
l’ignoto", Milano, Armenia Editore, 1978, alla "voce" UFO), ha formulato l’ipotesi che gli "oggetti volanti non identificati" non siano oggetti provenienti da altri mondi, ma, da altre
dimensioni: capaci, cioè, di muoversi in un supposto "iperspazio" che si troverebbe al di là del nostro continuum spazio-temporale.
Queste considerazioni sono state esposte, con notevole equilibrio e con spirito critico, dal noto ricercatore e saggista italiano Roberto Pinotti, in uno dei migliori testi usciti su questo argomento nella pur ricchissima bibliografia specialistica: "UFO, contatto cosmico".
Messaggeri e messaggi dal cosmo (Roma, Edizioni Mediterranee, 1991, 1997, pp. 149-150), nel quale egli ha anche ripreso un articolo di Enrico Caprile apparso negli anni Cinquanta del secolo scorso sul settimanale Domenica del Corriere.
Riportiamo il passaggio in questione, per l'eccezionale interesse che presenta, al fine di una miglior comprensione della fenomenologia ufologica, una sua possibile connessione con determinati
poteri mentali che gli esseri umani possono coscientemente esercitare e sviluppare, sino a materializzare o smaterializzare oggetti, compreso il proprio stesso corpo fisico.
Venuti per caso in possesso di una vecchia copia della Domenica del Corriere, esattamente quella del 15 Dicembre 1957, siamo così rimasti alquanto stupiti nel leggere un articolo a firma Enrico
Caprile che, nell'ambito dei fatti più misteriosi della vita, tratta del mitico Durakhapalam: magico cubo volante che costruito da misteriosi sacerdoti di un tempio perduto nel Deccan (India),
serviva per studiare l'etere e i pianeti.
Ma cerchiamo di riassumere le notizie più importanti al riguardo.
"La prima (e forse anche l'unica) fonte di notizie in merito a tale argomento sono gli scritti di Sedir, mistico francese e allievo insieme a Papus del famoso taumaturgo di Lione Monsieur
Philippe, di cui descrive i più importanti viaggi.
Fu proprio durante uno di questi viaggi che il taumaturgo si recò in India, nella regione del Deccan, dove a suo dire esisteva un tempio sotterraneo abitato da una élite di bramini,
accessibile soltanto da un passaggio segreto che aveva il proprio ingresso in una città morta, distrutta molto tempo prima da un potentissimo terremoto.
A detta di Sedir, questi sacerdoti, dediti completamente allo studio e alla ricerca, avevano coperto svariate leggi fisiche e psichiche del tutto particolari.
Infatti, sarebbero stati capaci di fabbricare dei metalli speciali forgiandoli mediante un trattamento sui generis a colpi di martelletto, rendendoli così inattaccabili agli agenti atmosferici e addirittura semitrasparenti.
(In occasione delle segnalazioni di UFO del Dicembre 1978, a Palermo, il commissario di Polizia Boris Giuliano, poi caduto sotto i colpi della mafia, osservò con un binocolo, sulla verticale del locale Motel Agip, uno degli oggetti segnalati sulla città.
A suo dire "sembrava una ciambella metallica e lo scafo appariva simile al rame sbalzato, come se il metallo fosse stato sottoposto all'azione di un martello".
È solo una coincidenza?).
I metalli base preferiti a tal fine, erano il rame, l'oro e l'argento, che, secondo l'autore, venivano impiegati con questi particolari procedimenti del tutto isolati dal magnetismo terrestre e atmosferico e si arricchivano allora di particolari energie e capacità.
Con anni di lavoro, studio e con procedimenti sul genere di quelli descritti, essi avevano infine costruito il Durakhapalam, un telemobile, la maggiore delle loro realizzazioni.
La forma di tale oggetto era generalmente cubica e le sue dimensioni erano idonee ad accogliervi comodamente all'interno un uomo in posizione seduta e anche alcuni strumenti.
Realizzato con un metallo dai riflessi dorati reso semitrasparente, era posto in una caverna sotterranea a circa 20 metri dalla superficie terrestre, appoggiato su una sorta di pentacolo disegnato sul pavimento.
Il Durakhapalam, per poter funzionare, aveva bisogno di essere precedentemente caricato di una energia sonica, che veniva fornita attraverso canali psichici da 7 sacerdoti che per 40 giorni si erano sottoposti in precedenza a un'intensa autoconcentrazione mentale.
Tale energia, veniva accumulata all'interno del "telemobile" da uno strumento formato da un grande numero di lamelle di uno speciale cristallo variamente tagliate secondo certe regole, in contatto con l'occupante attraverso 2 manopole di cristallo congiunte, per mezzo di fili d'argento e ad una specie di particolare accumulatore.
A questo punto, il settimo sacerdote entrava nel cubo e, mentre si accomodava seduto afferrando le 2 manopole per poter comandare il Durakhapalam stesso e le pareti di metallo trasparente di questo, venivano sigillate con un particolare mastice e iniziava una concentrazione logica con gli occhi semichiusi fissando un disco di oro brunito posto di fronte ai suoi occhi. Nello stesso momento, cominciava a mettere in funzione le manopole di cristallo e tutta la cavità era permeata a un "fortissimo sibilo e contemporaneamente da un rombo simile al mare in tempesta".
Così, il Durakhapalam e il suo pilota, si "smaterializzavano" sparendo "in un lampo".
Il "doppio" del cubo trasparente, rimaneva però nella stanza, visibile soltanto ai chiaroveggenti, e serviva come canale o mezzo di trasmissione delle varie immagini mentali che via via il
pilota inviava telepaticamente ai sacerdoti rimasti a "terra"; immagini dello spazio e di lontani pianeti in cui il cubo si tratteneva in esplorazione per svariati giorni.
Poi il cubo si "rimaterializzava" al ritorno e dal suo interno veniva estratto il pilota in stato catalettico, che veniva successivamente sottoposto a speciali trattamenti per riportarlo alla
vita e per permettergli così di fare il suo rapporto.
Non sappiamo fino a che punto siano vere queste notizie, evidentemente in bilico fra realtà e leggenda, ma, dobbiamo ammettere, che tali concezioni, precorrenti di parecchio l'odierna teoria "parafisica" sugli UFO, sembrano sempre meno impossibili alla luce delle attuali conoscenze. In effetti è a dir poco impressionante notare nel corso del racconto, particolari che frequentemente compaiono nella casistica ufologica e parapsicologica d'oggi.
A nostro avviso, in tale descrizione, ci sono principalmente da notare 3 punti per il loro particolare interesse.
Descrizioni simili e fenomeni analoghi sono effettivamente frequentissimi nella casistica relativa alla comparsa e scomparsa degli UFO, fin troppo spesso subitanea.
Innumerevoli volte abbiamo incontrato casi in cui sono stati avvertiti da testimoni attendibili, sibili o rumori sordi in cui le apparenti materializzazioni o smaterializzazioni sul posto degli oggetti sono precedute da lampi di luce. E gli UFO sono stati più volte descritti come di apparenza semisolida. Oggi più che mai, ci troviamo a dover dibattere il problema della particolare forma di energia utilizzata dagli UFO per i loro spostamenti; energia che forse influenza talvolta, apparentemente, anche le facoltà psichiche umane, quasi sempre rafforzandole (effetto PSI).
Che legami ci sono tra tutte queste componenti del problema UFO?
Forse delle risposte significative ci possono arrivare dalla reinterpretazione di antiche credenze e di miti perduti, partendo dal presupposto che la questione, pur se relativamente moderna,
può avere le sue radici anche nel passato".
E dal momento che stiamo parlando di possibili radici antiche della questione ufologica, come non notare le analogie esistenti fra il Durakhapalam e i celebri Vimana, sorta di aviogetti dalle enormi capacità distruttive, di cui vi è traccia nei grandi poemi epici dell'India antica, il Mahabarhata e il Ramayana?
Pare che anche i Vimana fossero costruiti in metallo (o in legno), battuti nella forma voluta e poi saldati elettricamente in modo da non lasciar vedere alcuna giuntura; volavano in cielo
producendo un rombo di tuono e compivano evoluzioni tali da lasciare completamente sbalorditi coloro che le osservavano da terra.
Secondo un'altra tradizione, il Durakhapalam sarebbe la creazione di alcuni mistici tibetani, che era in grado di spostarsi essenzialmente ad opera delle loro preghiere.
A seconda che si metta l'accento sull'aspetto mistico o su quello tecnologico, pertanto, il Durakhapalam può assumere l'aspetto di una sorta di "disco volante" oppure di un semplice mezzo per
facilitare il viaggio astrale, che, evidentemente è cosa diversa dal viaggio fisico e sia pure attuato per mezzo di
smaterializzazione e rimaterializzazione del proprio corpo.
Possono sembrare discorsi di pura fantascienza.
Eppure vi sono individui e gruppi che, ancora oggi, credono fermamente che i viaggi astrali verso altri pianeti siano possibili, mediante una adeguata preparazione spirituale e particolari tecniche di concentrazione.
Fra essi, ricordiamo i seguaci del culto della Coscienza di Krishna (chiamati anche Hare Krishna), fondato da Bhaktivedanta Swami Prabhupada e tutt'ora vitale, oltre che in India, in molte parti dell'Occidente, dalla California all'Europa, Italia compresa.
Si consulti, in proposito, il libro di Bhaktivedanta Swami Prabhupada "Viaggio facile verso altri pianeti", che, nonostante il titolo ingenuamente grossolano è basato su una precisa
concezione fisica del rapporto fra materia e antimateria e non è affatto così semplicistico come potrebbe apparire al lettore impreparato.
Rifacendosi all'insegnamento della Bhagavad-Gita, l'Autore sostiene che il Bhakti-Yoga, tappa finale dello Yoga, come servizio di devozione alla Persona Divina, costituisce una via d'accesso
all'Universo della antimateria, rendendo possibile lo spostamento verso altri pianeti ed altri universi. Di norma, ciò avviene nell'istante della morte e costituisce il coronamento di una vita
pura e dedicata totalmente alla contemplazione della Verità divina.
Scrive l'Autore in proposito (Op. cit., s. d., pp. 18-19):
"Chi non è uno yogi, ma muore in un istante propizio grazie alle austerità, agli atti pii, caritatevoli e ai sacrifici che ha compiuto, può elevarsi fino ai pianeti superiori.
Il perfetto yogi invece, che riesce a lasciare il suo corpo rimanendo tuttavia pienamente padrone della propria coscienza, può andare da un pianeta all'altro tanto facilmente quanto un uomo comune si reca da un punto all'altro del suo quartiere.
Se desidera rimanere nel mondo materiale, potrà godere della vita in differenti modi, giungendo fino ad occupare la posizione di Brahma, sul pianeta Brahmaloka o a visitare anche i Siddhaloka, dove vivono gli esseri materialmente perfetti, capaci di dominare la gravità, lo spazio, il tempo ecc. È inutile per questo che egli abbandoni la mente e l'intelligenza (coperture sottili) è sufficiente che si liberi dal suo corpo fisico.
Il corpo materiale non è che il rivestimento dell'anima.
La mente, l'intelligenza e i falso ego sono i primi involucri e formano il corpo sottile; il corpo fisico, composto di terra, acqua, fuoco, aria ed etere, forma l'involucro esterno.
Ogni persona evoluta può lasciare il corpo quando vuole, dopo aver raggiunto la perfezione nello yoga e dopo aver capito le rispettive nature della materia, dell'anima e la relazione che le lega. Dio ci ha dato una libertà totale e la scelta di vivere dove vogliamo: nell'Universo spirituale o in quello materiale, su un pianeta di nostra scelta.
L'abuso di questa indipendenza offerta da Dio ci ha fatto cadere nel mondo materiale e ci obbliga ora a subire le sofferenze generate da questa vita.
Queste sofferenze sono di 3 specie:
Milton ha bene illustrato nel suo libro "Paradiso perduto" la miserabile vita che l'anima ha scelto di vivere nel mondo materiale. Essa può comunque decidere di riguadagnare questo paradiso e ritornare così da dove è venuta, all'origine di tutte le cose.
Si può, in meno di un secondo, raggiungere i pianeti spirituali Vaikuntha e assumere un corpo spirituale che ci permetterà di viverci. Bisognerà solo abbandonare la nostra forma fisica e sottile e lasciare il corpo attraverso l'orifizio del cranio, desiderando uscire dall'Universo di materia".
Inutile insistere sull'analogia fra questo "orifizio del cranio", attraverso il quale si può abbandonare il mondo di materia e il settimo chakra o Sahasrara, che in sanscrito significa "millefoglie", con riferimento ai petali del loto.
Quando si raggiunge questo livello, significa che si è giunti a fondersi con le energie celestiali, raggiungendo le più alte dimensioni.
Ne abbiamo già parlato nell'ultimo articolo Infinito e possibilità nell'ontologia di René Guénon, appena inserito sul sito di Arianna Editrice; pertanto, non ci dilungheremo ulteriormente su ciò. Tornando, invece al Durakhapalam, osserviamo che, oltre al già citato Roberto Pinotti, altri 2 autori italiani se ne sono interessati; Peter Kolosimo, una quarantina di anni fa e in tempi a noi vicini, Alfredo Lissoni.
Quest'ultimo si è occupato del Durakhapalam nel 2° capitolo intitolato "Le conoscenze segrete", del suo libro UFO, impatto cosmico. "Guerre atomiche nella valle dell'Indo" (MIR Edizioni), collegandoli, anch'egli, alla fenomenologia UFO e, in particolare, ai leggendari Vimana che sarebbero stati protagonisti, stando a una lettura non preconcetta dei poemi epici indiani di un vero e proprio conflitto nucleare avvenuto migliaia di anni fa.
Quanto a Peter Kolosimo, autentico pioniere dell'archeologia misteriosa nel nostro Paese, ha trattato l'argomento del Durakhapalam nel suo famoso libro "Terra senza tempo" (Milano, Sugar Editore,
1964, 1970, pp. 90-92), da cui riportiamo il passaggio seguente, significativamente intitolato: Un cubo per l'iperspazio.
"In fatto di richiami ad un oscuro passato, di sconcertanti manifestazioni extrasensoriali e di leggende cosmiche, anche la grande penisola (indiana) è una miniera inesauribile.
Sain-Yves d'Alveydre, un sognatore che si occupò senza troppi scrupoli scientifici dell'Agarthi, vuole che proprio dal regno sotterraneo si sia diffusa la dottrina yoga e questa storia si sente ripetere da molti santoni, i quali, aggiungono che un dominio completo del yoga consente imprese prodigiose. Tali imprese, del resto, vengono chiaramente elencate da un testo precristiano, il Yogasutra, secondo cui consistono nel potere d'ingrandire o rimpicciolire il proprio corpo, d'alleggerirlo sino a renderlo senza peso, di dargli l'invisibilità, nella capacità di raggiungere ogni cosa (non escluse le stelle), d'infrangere con la volontà le barriere naturali (ad esempio, attraversando i muri, penetrando nella roccia o nel terreno), di produrre, trasformare o far scomparire qualsiasi oggetto, d'entrare nel corpo, nel cervello e nell'anima di altre persone".
«Tutto ciò - specifica il Yogasutra - si può ottenere col Samadhi (ascesi, sublimazione), ma se gli Dei hanno per nascita questo privilegio, i titani e persino i comuni mortali possono
acquisirlo per mezzo delle piante».
"Qualche strambo occultista crede di poterci rivelare che i Naacals, i "grandi fratelli" di Mu, membri di diritto dell'Agarthi, confidarono il segreto degli eletti tibetani, ma gli scettici
sogghignano, facendo rilevare che l'accenno a droghe vegetali è più che eloquente e che conosciamo già un mucchio di stupefacenti capaci di darci l'illusione del volo, dell'invisibilità e di
tante altre belle cose.
Non dimentichiamo che, in fatto di farmaceutica, gli abitanti dell'India antica erano progreditissimi, sembra che impiegassero, fra l'altro, qualcosa di molto simile alla penicillina, un medicamento noto anche ad altri popoli. Oltre 5 mila anni or sono, ad esempio, il primo medico-sacerdote di cui è stata accertata l'esistenza, l'egizio Imhotep, usava una sostanza «tratta dalla terra e dalla decomposizione», che pareva far miracoli: un antibiotico, dunque!
Sappiamo che i Cinesi ricorrevano a terapie rimesse oggi in uso con grande successo, che gli Indiani praticavano, sotto forma di cerimonia religiosa, la vaccinazione contro il vaiolo e, la loro medicina ayurvedica, che si basava su prodotti vegetali di grandissima efficacia, ci dice come essi la sapessero molto più lunga di noi circa i grandi "depositi" di medicinali esistenti nei boschi.
Alcuni medici orientali, sfogliando il libro della saggezza antica, hanno trovato nuovi efficacissimi rimedi contro i disturbi circolatori e varie forme di tubercolosi.
E l'insigne Prof. Angelo Viziano, che ha studiato molto da vicino la medicina indiana, ci ha descritto, fra l'altro, i sorprendenti poteri di un'erba detta balucchar, il cui succo «ti dona calma e ti concilia il sonno, passandolo lievemente sul cuoio capelluto».
Lo stesso studioso ha accennato «derivati vegetali ancora segreti», per mezzo dei quali, qualche medico indiano «vincerebbe il diabete come se usasse insulina».
I Russi, comunque cercano di veder chiaro in queste faccende e non hanno torto.
Se ne avessimo la possibilità, correremmo anche noi a dare un'occhiata da vicino ai misteri indiani, a «fare un giro sul Durakhapalam», come dice, scherzando, chi si occupa della questione. Le notizie su questo straordinario apparecchio furono lasciate involontariamente in eredità ai Sovietici da Nicola II, il quale, si appassionò moltissimo agli studi condotti sul bizzarro argomento da un esperto francese di scienze occulte, un tale Sédir.
Costui descrisse in un libro dal titolo Initiations l'incontro d'un suo maestro con i creatori ed i piloti del misterioso veicolo. Ma l'archivio privato dell'ultimo Zar di Russia doveva conservare particolari assai più precisi, avendo il sovrano mantenuto intensi ed amichevoli rapporti con Sédir.
Se vogliamo giungere al «sacro Cape Kennedy» indiano, dobbiamo ancora una volta ricorrere alle leggendarie gallerie: esso sorge, infatti, in un'inaccessibile città morta del Deccan, a cui solo gli iniziati possono giungere servendosi d'un erto tunnel scavato dalla base alla cima d'una montagna.
I monaci di quel singolare eremo, conoscerebbero, fra l'altro, il sistema con cui «isolare i metalli dal magnetismo terrestre», facendo loro acquistare straordinarie proprietà, rendendoli trasparenti e forniti d'una carica di misteriosa energia.
A tanto giungerebbero operando ininterrottamente con speciali martelletti, il cui suono avrebbe un'importanza grandissima nel processo di trasformazione.
Con questo metodo sarebbe stato fabbricato il Durakhapalam, un diafano cubo dai riflessi dorati, i lati del quale misurerebbero circa un metro e mezzo.
Nell'interno - ci dice Sédir - il pilota siede in una cassetta piena di cenere d'alloro con potere isolante; davanti agli occhi ha un disco d'oro brunito, attraverso il quale controlla la rotta.
Gli unici strumenti di manovra sono 2 manopole di cristallo collegate con fili d'argento ad un accumulatore d'energia sonica. È principalmente grazie a questa forza ignota che il cubo si muove, pur se alla sua ascesa contribuiscono tutti gli elementi della mistica indiana: con il rombo d'una tempesta, il Durakhapalam scompare alla vista degli astanti per tuffarsi in chissà quali dimensioni sconosciute.
Esso viaggia nell'iperspazio, descritto come «un nulla grigio attraversato da strisce luminose e da esplosioni biancastre», per emergere nello spazio, spostarsi con velocità incredibile da
pianeta a pianeta, da sole a sole e forse da galassia a galassia.
Può essere che gli studiosi sovietici tendano ad impadronirsi di tali segreti?
Noi non crediamo che essi prestino eccessiva fede ai racconti sul Durakhapalam; non è improbabile però, che vogliano stabilire se queste leggende abbiano un benché minimo fondamento reale, un
fondamento che, sfruttato, possa indirizzare davvero ad una grande conquista scientifica".
Francesco Lamendola