La maggior parte delle nostre idee riguardo la cultura dell’antica Grecia si riconducono allo studio della geometria, filosofia e della logica: poca attenzione è riservata allo studio della “tecnologia” greca. Tuttavia, grazie ad una curiosa circostanza è giunto fino a noi un artefatto particolare dell’antichità, che testimonia come una civiltà remota abbia potuto raggiungere livelli particolarmente alti in campo tecnologico: stiamo parlando della Macchina di Antikythera, ad oggi il più antico esempio di sistema a ruote dentate ingranate fra loro montate con precisione in grado di riprodurre il moto dei pianeti, le fasi lunari, il calendario solare ed altro ancora.
Il ritrovamento dell’oggetto avvenne all’inizio del XX secolo, quando alcuni pescatori di spugne in cerca di riparo da una forte tempesta si rifugiarono sull’isola di Antikythera (situata fra la terraferma greca e l’isola di Creta).
Al termine della tempesta i pescatori tentarono la fortuna nelle acque del luogo e, durante le loro immersioni, si imbatterono in un relitto di una nave partita da Rodi ed affondata nel 1° secolo a.C. circa con il suo carico di anfore da vino e statue.
Mesi dopo, con l’autorizzazione del governo greco, vi tornarono per riportare alla luce questi tesori e fra questi, vi era anche un blocco informe di metallo coperto da pesanti calcificazioni; quando questi vennero rimossi si rivelarono i resti di ruote dentate di bronzo ed un insieme di tavole ricoperte da iscrizioni in greco.
Si dovette aspettare i primi del 900 affinché si riuscisse a capire di cosa si trattasse; in particolare, fu il filologo tedesco Albert Rehm che nel 1905 fu tra i primi a capire che il meccanismo trovato ad Antikythera era una macchina per calcoli astronomici.
Quello che oggi maggiormente sappiamo sul suo funzionamento lo dobbiamo invece allo storico della scienza Derek de Solla Price, il quale 50 anni dopo intuì che il meccanismo funzionava
girando una apposita manovella posta su un lato e che, l’uso principale consisteva nel calcolare le posizioni del Sole e della Luna rispetto alle stelle fisse.
Studi ancora più recenti, in particolare grazie anche alle scansioni a raggi X del congegno, effettuate nel 1974, ci hanno fornito maggiori dettagli sul suo funzionamento e sulla sua
struttura. Nella macchina di Antikythera, delle dimensioni simili a quelle di un elenco telefonico (30 cm x 15 cm), vi sono al suo interno 30 ingranaggi, più altri di cui si è ipotizzata
l’esistenza, mentre all’esterno vi sono 3 quadranti, uno principale anteriore e 2 posteriori, oltre ad una serie di indicatori.
Sulla facciata anteriore era riportato:
Sopra questo quadrante vi alloggiavano una lancetta lunare, un puntatore della data, un puntatore solare ed una serie di lancette planetarie (andate perdute) che servivano a mostrare le
posizioni dei pianeti dell’antichità. In basso vi erano una serie di iscrizioni che indicavano gli orari in cui sorgevano e tramontavano le stelle più importanti.
Sul lato posteriore vi era posto per altri 2 quadranti:
La sua struttura interna era molto più complicata: c’era un ingranaggio primario messo in moto dalla manovella esterna che a sua volta metteva in moto tutti gli altri ingranaggi; un giro
completo di questo ingranaggio primario rappresentava lo scorrere di un anno.
All’interno della struttura c’erano altri 3 tipi di ingranaggi ancorati a quello principale che ruotavano mediante un meccanismo ad incastro:
Il funzionamento per l’utente finale era estremamente pratico: si selezionava una data sul calendario egizio sul davanti (spostando la lancetta corrispondente) oppure sul calendario metodico
sul retro e quindi si leggevano le previsioni astronomiche per quel giorno (come ad esempio le fasi lunari) dagli altri quadranti.
Oppure si girava la manovella per impostare un evento specifico su un quadrante astronomico per vedere di conseguenza in quale data si sarebbe verificato in un intervallo di diverse decine d’anni (nel futuro e nel passato); il quadrante di Saros per esempio dava previsioni accurate di allineamento del sistema Terra, Luna e Sole e quindi indicava tutte le potenziali eclissi solari e lunari.
L’importanza del ritrovamento di questa macchina ha mostrato che gli antichi greci sapevano come calcolare gli schemi ricorrenti delle eclissi lunari grazie anche a secoli di osservazioni effettuate dai babilonesi; in questo senso possiamo considerare la macchina di Antikythera come un antico computer che era in grado di eseguire i compiti per loro.
Secondo Price inoltre, questo ritrovamento apre una nuova finestra sulle conoscenze astronomiche della Grecia Antica e sul livello di avanguardia tecnologica, conoscenza scientifica, complessità matematica e di meccanica allora raggiunto.
Grazie alle conquiste di Alessandro Magno (356 a.C. – 323 a.C.) infatti, la civiltà greca si fuse con la culture mesopotamiche, egiziane e di altri popoli dando vita alla cultura ellenistica in cui si svilupparono e raggiunsero vette molto alte nel pensiero scientifico, è quindi plausibile che i greci avessero acquisito le sufficienti nozioni di astronomia per realizzare questo gioiello della tecnologia antica.
Inoltre gli studiosi che hanno esaminato l’oggetto, ritengono, che, probabilmente, non sia un unicum, in quanto, non hanno rilevato errori nel meccanismo, ogni componente era funzionale ad uno scopo e ritengono che i greci potessero aver costruito altri meccanismi simili prima di quello attuale.
Sfortunatamente il materiale di cui è costituito il reperto (oltre al bronzo era presente anche rame e si è ipotizzata una cornice di legno) veniva parecchio riutilizzato all’epoca, in quanto facilmente lavorabile, di conseguenza il ritrovamento di oggetti di una certa antichità sono abbastanza rari.
Oggigiorno 3 di questi frammenti sono conservati al Museo archeologico Nazionale di Atene; esiste anche un gruppo di ricerca (a Cardiff) sul meccanismo di Antikythera nato dalla collaborazione con il Ministero della Cultura della Grecia, il Museo Archeologico Nazionale di Atene ed altre Istituzioni.