Si definiscono pitture rupestri quelle pitture realizzate in una grotta o in muri di pietra o in soffitti, risalenti generalmente alla preistoria.
Analoghe raffigurazioni sono state ottenute con l'incisione.
Quando furono rinvenuti per la prima volta questi graffiti, alla metà del XIX secolo, essi vennero considerati primitivi, ma, una recente rivalutazione e nuove scoperte, ci hanno permesso di comprendere l'importanza dei lavori dell'Età della Pietra, che non sono solamente di alto livello artistico (essendo già presenti accenni di prospettiva, ombreggiatura, rilievo) ma, costituiscono anche degli importanti indizi per una migliore conoscenza della cultura e delle credenze di quell'epoca.
La datazione di queste pitture rimane spesso incerta e non di rado dà luogo a polemiche, in quanto, i metodi utilizzati, come quello al radio carbonio, possono essere facilmente "ingannati" da campioni contaminati da materiale più antico o più recente e ciò avviene con molta facilità all'interno delle caverne.
Le tradizioni come si sa non muoiono mai.
Le società meno progredite o provinciali, custodiscono le strutture più arcane, nonché, un abile spirito di continuazione e preservazione della propria cultura, sempre più a rischio dalla cultura del mondo moderno. Distaccandoci per un attimo da quella antropologia mirante a studiare un po’ la cultura dei nuclei rurali europei, ci proiettiamo con lo spirito critico dell’etnologo verso quelle terre, per certi sensi ancora selvagge, dove vissero gruppi con una stupenda cultura consolidata da secoli.
Osservando meglio queste tribù, avremo sicuramente modo di imbatterci in aspetti culturali tanto profondi e cristallizzati in sé da simboli di difficile interpretazione.
Ci colpisce in particolare, la ricca cosmogonia e il mito delle origini della loro razza: quali modelli e in base a quali processi culturali è stato possibile creare tante strutture culturali?
In un certo senso, da spirito tipicamente di ricerca e di classificazione, si entra in un certo tipo di speculazione metafisica o, se vogliamo, tipicamente filosofica, mirante a cercare le cause remote di un certo modo di guardare e percepire il reale.
Se ci facciamo caso, ovunque nel mondo, si parla di una stirpe di progenitori celesti o comunque facenti parti a dimensioni non umane.
Classificati con i più disparati nomi, nell’inconscio collettivo questi esseri ultraterreni sono i responsabili della stessa vita sulla Terra.
Antichi popoli ci descrivono divinità che giungono dal nulla per creare la vita.
Dagli Starchildren dell’Amazzonia passando per gli spiriti celesti dei Kajuti siberiani giungiamo in Australia, dove, le sacre tradizioni raccontano di un tempo mitico in cui la cultura fu portata direttamente dal cielo.
È il mito di Wandjina, nome locale che identifica misteriosi esseri arrivati dal cielo durante un periodo conosciuto come il dreaming.
Centinaia di pitture rupestri rappresentano questi esseri con volti non umani circondati da qualche cosa che sembra un cappuccio spaziale o una sorta di aureola di luce.
Pare che questo nome sia indirettamente collegato al famoso Ayers Rock: luogo sacro degli aborigeni, sede di miti e, secondo le leggende locali, sede di questi misteriosi esseri.
Scavando più a fondo nel mito, si viene a conoscenza che dagli stranieri appresero la capacità del lucid dream (il sogno lucido): una capacità precognitiva che si manifesterebbe proprio durante il sogno.
Si manifesterebbe tuttavia alla sua massima potenza stando a stretto contatto con l’antica sede di questi esseri, appunto l’Ayers Rock.
Ci sono diversi miti riguardanti questo misterioso monte, come la misteriosa leggenda dell’arrivo dal cielo di un uovo rosso dal quale sarebbero sbucati esseri bianchi (nordici, grigi?) con i loro bambini, ma non sopravvissero, pare per un disadattamento all’atmosfera terrestre. Essi avrebbero portato la vita e la cultura sulla Terra.
Si parla di giganti, di totem, di Dei animali tramutarsi in ruscelli, fiumi e monti e di tante altre fantastiche cose racchiudenti in sé sicuramente una simbologia cosmica molto affascinante.
Può anche essere, che, il misterioso Ayers Rock potrebbe essere stato una sede/luogo di sperimentazione scientifica avanzata, dove, si studiavano le capacità mentali dei terrestri.
Sebbene possa sembrare ancora fantascienza, il mito parla chiaramente di esseri giunti dal cielo per portare la cultura e, gli uomini stilizzati nelle pitture rupestri, a nostro avviso, assomigliano tanto ai numerosi alieni intravisti dagli abdotti durante i numerosi casi di rapimento.
Non faticheremo a trovare in altre misteriose pitture rupestri volti con tratti difficilmente umani caratterizzate da alcuni dettagli singolari: sembrano una rappresentazione paleolitica dei un "grigi".
Si tratta del Baiame Wiradjuri, caratterizzato da alcuni dettagli singolari: sembra una rappresentazione paleolitica di un grigio, come si scorge nella foto.
La leggenda aborigena, molto simile a tante altre nel mondo, racconta la sua venuta dal cielo: una volta installatosi presso le tribù portò loro la civiltà e poi, dopo un certo periodo, tornò al firmamento diventando così l’eroe del cielo.
La leggenda della sua venuta e la rappresentazione rupestre troppo simile agli ipotetici grigi, ci fa pensare, che questo eroe sia stato effettivamente un essere di un altro mondo.
Potrebbe anche essere e l’ingenuità del mito delle genti del mondo periferico e barbaro custodisce ancora il segreto della giovinezza della Terra, un tempo mitico e sacro cancellato dal tempo e dalla dimenticanza della gente
Di Pasquale Arciuolo
Un gruppo di archeologi che ha collaborato con alcune tribù di montagna residenti in una remota zone dell’India, ha rinvenuto, in alcune grotte, incredibili disegni rupestri risalenti all’epoca preistorica che raffigurano presunti esseri alieni ed astronavi non identificate.
Il fatto è avvenuto nel distretto di Hoshangabad (stato del Madhya Pradesh) a circa 70 chilometri dalla cittadina di Raisen.
Le grotte finora sconosciute, erano situate in una fitta ed intricata giungla ed in alcune di esse gli esploratori hanno scoperto queste incredibili raffigurazioni:
alieni in tuta spaziale accanto al classico disco volante, astronavi avvolte da splendenti aloni di energia o campi di forza ed oggetti riconducibili al “wormhole” (cunicoli spazio temporali) attraverso i quali gli alieni sembrerebbero passare per raggiungere il nostro pianeta.
Un archeologo locale, Wassim Khan, ha personalmente osservato i dipinti e sostiene, che gli oggetti e le creature in essi raffigurate sono del tutto anomale e completamente diverse da quelle disegnate in altri dipinti scoperti precedentemente e raffiguranti la vita antica nella zona. Egli ritiene, che queste pitture rappresentino una sorta di “contatto” avvenuto tra esseri di altri pianeti e uomini della preistoria, incontro, che avrebbe in qualche modo influito in modo fondamentale sullo sviluppo della civiltà umana.
Questa ipotesi si riallaccia a quella già postulata dalla “paleoastronautica” o paleoufologia, cioè quell’insieme di teorie, sviluppate a metà del Novecento, che ipotizzano il contatto preistorico tra razze aliene e le più antiche civiltà umane come quella dei Sumeri, degli Egizi e delle civiltà precolombiane.
Nel Sahara algerino, pitture rupestri di circa 8.000 anni fa sono state trovate sulle rocce del Tassili n’Ajjer, sono raffigurati esseri antropomorfi dalla testa tonda.
Una caratteristica così evidente, da aver dato il nome all’intero periodo culturale, quello appunto delle "Teste tonde".
Situato tra Libia ed Algeria, si estende in un'area di 500 km quadrati.
Nella lingua dei Tuareg, i nomadi del deserto, Tassili n'Ajjer significa "Altopiano dei fiumi", poiché questa plaga (Ampio tratto di terra o di cielo) è solcata da wadi, alvei di fiumi oggi asciutti, in cui nella preistoria scorreva l'acqua.
Alcuni scettici, hanno suggerito, che essi erano uomini con zucche vuote sulle spalle atte soddisfare alcuni rituali primitivi, teoria infondata per il fatto che non è mai stato coltivato questo ortaggio nell'altopiano del Tassili.
Una figura particolare, sembra indossare un casco globulare, tanto che, lo stesso scopritore dei dipinti, l’archeologo francese Henri Lhote nel 1933, l’ha battezzata "il grande Dio marziano". Ma perché mai un astronauta dovrebbe indossare un elaborato casco e per il resto essere completamente nudo?
È assai più verosimile, sostiene Lhote, che si tratti di indigeni con maschere rituali.
Però, anche questo sito archeologico come tanti altri, potrebbe testimoniare la presenza di altri esseri avanzati presenti sul nostro pianeta.
Le incisioni rupestri della Val Camonica (sito UNESCO n° 94, Arte rupestre della Valcamonica) costituiscono una delle più ampie collezioni di petroglifi preistorici del mondo e sono state il primo Patrimonio dell'umanità riconosciuto dell'UNESCO in Italia (1979).
L'UNESCO, ha riconosciuto oltre 140.000 figure, ma nuove ininterrotte scoperte hanno progressivamente aumentato il numero complessivo delle incisioni catalogate, fino a 200.000 se non 300.000. L'arte rupestre in Valle Camonica è segnalata su circa 2000 rocce in oltre 180 località comprese in 24 comuni, con una particolare concentrazione nelle municipalità di Capo di Ponte, Ceto (Nadro), Cimbergo e Paspardo, Sonico Sellero, Darfo Boario Terme, Ossimo dove esistono 8 parchi attrezzati per la visita.
Le incisioni furono realizzate lungo un arco di tempo di 8.000 anni, fino all'Età del ferro (I° millennio a.C.); quelle dell'ultimo periodo sono attribuite al popolo dei Camuni ricordato dalle fonti latine. La tradizione petroglifica non si esaurì repentinamente: sono state identificate incisioni anche se in numero assai ridotto, non comparabile con la grandiosa attività preistorica di epoca romana, medievale e perfino contemporanea, fino al XIX secolo.
La maggior parte delle incisioni è stata realizzata con la tecnica della martellina; in numero minore quelle ottenute attraverso il graffito.
Le figure si presentano a volte semplicemente sovrapposte senza un ordine apparente, ma, spesso, invece appaiono in relazione logica tra loro, a illustrazione di un rito religioso o di una scena di caccia o di lotta; tale impostazione, spiegherebbe lo schematismo delle immagini, ognuna delle quali è un ideogramma che rappresenta non tanto l'oggetto reale, ma, la sua "idea". La loro funzione è riconducibile a riti celebrativi, commemorativi, iniziatici o propiziatori, dapprima in ambito religioso, in seguito anche laico, che si tenevano in occasioni particolari, singole o ricorrenti.
Tra i segni più noti rinvenuti in Val Camonica, spicca la cosiddetta Rosa camuna, che è stata adottata come simbolo ufficiale della regione Lombardia.
Nel dialetto locale della Valle Camonica le incisioni rupestri vengono indicate col termine riduttivo di pitoti, ovvero pupazzi.