L'equazione di Drake (nota anche come equazione o formula di Green Bank) è una formula matematica utilizzata per stimare il numero di civiltà extraterrestri esistenti in grado di comunicare nella nostra galassia.
Fin da giovane Drake amava l'elettronica e la chimica.
Racconta di aver considerato la possibilità dell'esistenza della vita su altri pianeti già a partire dall'età di 8 anni, ma non discusse quest'idea con la sua famiglia o gli insegnanti a causa delle prevalenti ideologie religiose.
Si iscrisse alla Cornell University grazie ad una borsa di studio di elettronica.
Lì iniziò a studiare astronomia. Le sue idee riguardo la possibilità dell'esistenza di vita extraterrestre vennero rinforzate quando lesse uno scritto dell'astrofisico Otto Struve nel 1951. Struve fu uno dei primi scienziati ad esprimere il parere che la vita, anche intelligente, possa essere largamente diffusa nell'universo. In proposito scrisse:
«Un evento intrinsecamente improbabile può diventare altamente probabile se il numero degli eventi è molto grande. È quindi probabile che un buon numero dei miliardi di pianeti della Via Lattea ospitino forme di vita intelligente.
Questa conclusione è per me di grande interesse filosofico.
Credo che la scienza abbia ormai raggiunto un grado di sviluppo per il quale è necessario tener conto dell'azione di esseri intelligenti, in aggiunta alle leggi classiche della fisica.»
Dopo il college lavorò brevemente nel campo dell'elettronica e poi si laureò in radioastronomia all'Università di Harvard. Drake iniziò la sua carriera intraprendendo la ricerca radioastronomica al National Radio Astronomy Observatory (NRAO), a Green Bank nella Virginia Occidentale e in seguito al Jet Propulsion Laboratory.
Condusse importanti misurazioni che rilevarono la presenza della magnetosfera e della ionosfera gioviana. Nel 1960 Drake condusse la prima ricerca radio di un'intelligenza extraterrestre, nota come Progetto Ozma.
"Il progetto Ozma prese il nome dalla principessa Ozma, personaggio del romanzo "Il meraviglioso mago di Oz". L'esperimento fu condotto tramite un radiotelescopio di 26 metri di diametro posto a Green Bank in Virginia Occidentale.
Furono esaminate le stelle Tau Ceti ed Epsilon Eridani, entrambe simili al Sole e poste (su scala interstellare) nelle sue vicinanze. Dopo 4 mesi di osservazioni non vennero captati segnali chiaramente interpretabili come artificiali e le ricerche furono sospese.
Un secondo esperimento, chiamato Ozma II, fu condotto dal 1973 al 1976 tramite lo stesso radiotelescopio dagli astronomi Benjamin Zuckerman e Patrick Palmer, monitorando 650 stelle nelle vicinanze del Sole, ma anch'esso non produsse risultati".
Da questo progetto non venne trovata alcuna evidenza di segnali alieni.
Drake considerava il “contatto” sotto forma di segnali luminosi o radio inevitabile negli anni a venire. Nel 1961, assieme a J. Peter Pearman, organizzò la prima conferenza sul SETI al NRAO. Qui
propose a una dozzina di scienziati la sua famosa equazione, un tentativo di stimare il numero di civiltà extraterrestri intelligenti presenti nella nostra Galassia con le quali potremmo pensare
di entrare in contatto. Il vero problema nella stima di questo numero sta nella scarsa conoscenza che abbiamo dei fattori di questa equazione.
Drake prese parte ai primi studi sulle pulsar, fu professore alla Cornell University (1964-84) e direttore del Osservatorio di Arecibo.
Nel 1974 scrisse il Messaggio di Arecibo, mentre nel 1972 disegnò assieme a Carl Sagan la piastra collocata sulle sonde Pioneer 10 e 11, il primo messaggio fisico inviato nello spazio.
La piastra venne progettata per essere comprensibile da un eventuale extraterrestre che avrebbe potuto incontrarla.
In seguito supervisionò anche la creazione del Voyager Golden Record.
Nel 1974 venne eletto all'Accademia Americana per le Arti e le Scienze.
Drake è un membro dell'Accademia Nazionale per le Scienze e fu il presidente della Società Astronomica del Pacifico. Attualmente è impegnato nel Progetto Phoenix, legato al SETI.
È professore emerito di astronomia e astrofisica all'Università della California, dove è stato anche preside di Scienze Naturali (1984-88).
Gli astronomi hanno scoperto più di 700 pianeti alieni al di là del sistema solare, il numero è in aumento. Alcuni sono grandi e caldi e altri sono più piccoli e freddi, ma, gli scienziati sono ancora alla ricerca di un gemello della Terra. Solo di recente, esattamente il 5 Dicembre è stato scoperto da Keplero, telescopio spaziale della NASA, un pianeta nella zona abitabile che ruota intorno alla sua stella, in cui, l'acqua liquida e forse la vita, potrebbero esistere.
Kepler-186f è stato il primo pianeta delle dimensioni della Terra convalidato a orbitare attorno a una stella lontana nella zona abitabile, un intervallo di distanza da una stella in cui l'acqua liquida potrebbe accumularsi sulla superficie del pianeta.
La sua scoperta ha confermato che i pianeti delle dimensioni della Terra esistono nelle zone abitabili di altre stelle.
Credit: NASA/JPL-Caltech
Alla domanda: "quante potrebbero essere le civiltà aliene presenti nella nostra galassia?" apparentemente si può dare risposta solo lavorando di fantasia e proponendosi di fare dell'ottima fantascienza. C'è stato qualcuno che ha provato a dare invece una risposta quantitativa cercando strenuamente di rimanere all'interno del contesto della pura speculazione scientifica. Lo ha fatto elaborando un'equazione che, una volta risolta, permetterebbe di avere una stima attendibile di quante altre civiltà condividono con noi questo strano condominio che potrebbe essere la nostra galassia.
Nonostante i termini che compaiono nell'equazione siano tutti potenzialmente quantificabili, per la stessa natura del problema, essa si colloca nel terreno tanto caro a chi scrive della
speculazione "ibrida", nel senso di appartenere all'intersezione tra filosofia probabilistica, fantascienza e "seria" scienza. Infatti, quasi tutti i termini di questa equazione sono conosciuti
con un tale margine di errore da costringerci a considerarli, da un punto di vista strettamente scientifico, praticamente… ignoti, anzi, incogniti.
A proporla fu nel 1961 l'astrofisico Frank Drake.
La formula dell'equazione di Drake è la seguente:
Può non risultare immediatamente chiaro perché nell'equazione compaia il fattore R*, cioè perché il numero di civiltà intelligenti esistenti in un dato momento nella galassia debba essere direttamente proporzionale al tasso con cui si formano nuove stelle: in effetti, il prodotto dei primi 6 fattori (escluso cioè L) dà il numero di civiltà extraterrestri che nascono ogni anno; moltiplicando poi per la loro durata si ottiene il numero di tali civiltà esistenti in un momento qualsiasi (ad esempio, se si formano in media 0,01 civiltà all'anno e ciascuna dura in media 500 anni, allora in ogni momento ne esisteranno in media 5).
La formula originale di Drake può essere riscritta più realisticamente sostituendo al tasso di formazione stellare odierno un parametro corrispondente al tasso con cui le stelle si formavano diversi miliardi di anni fa, cioè nell'epoca in cui si suppone che si siano sviluppate le stelle intorno alle quali oggi potrebbe esistere la vita (se il Sole fosse un esempio tipico, questo significherebbe circa 5 miliardi di anni fa).
Per maggiori approfondimenti sui parametri consultare wikipedia
❖ Un calcolo probabilistico
Cominciamo col dire che, naturalmente, può esserci un atteggiamento di totale negazione a priori dell'esistenza di altre civiltà extraterrestri: e in tal caso è inutile fare dei conteggi.
Un altro atteggiamento (che è sostanzialmente quello condiviso dalla maggioranza degli scienziati) consiste nel dire che, siccome esistono delle leggi generali che valgono in tutti i punti dell'Universo, si può ragionevolmente pensare che un certo fenomeno avvenuto in un punto possa verificarsi anche in un altro se le condizioni sono analoghe.
Perlomeno mediamente. Naturalmente, la difficoltà consiste nel valutare le varie situazioni e i vari processi e trarne poi una probabilità statistica.
Per questo, con l'aiuto del Prof. Alfonso Cavaliere e del Prof. Daniele Fargion, astrofisici all'Università di Roma, abbiamo cercato di tracciare 2 «curve»: una ottimistica e l'altra pessimistica.
❖ Ottimismo e pessimismo
Iniziamo dunque col primo dato.
Quante stelle esistono nella nostra Galassia?
Circa 300 miliardi, si ritiene.
Per un calcolo pessimistico diciamo solo 100 miliardi.
Scriviamo quindi le nostre prime 2 cifre.
Numero di stelle nella nostra galassia
Quante di queste stelle possono avere un sistema solare simile al nostro?
Se si scartano le stelle doppie, quelle troppo grandi, quelle troppo piccole ecc. si arriva alle seguenti valutazioni (che tiene conto del fatto che la vita media di una stella deve essere
abbastanza lunga per dare il tempo alla vita di evolversi su un pianeta).
Numero di sistemi solari simili al nostro
Ma se esistono sistemi solari simili al nostro, quante probabilità vi sono che esista un pianeta nella posizione giusta, cioè non troppo caldo e non troppo freddo?
Alcuni studiosi, come Michel Hart, ritengono che non sia estremamente raro che un pianeta possa trovarsi alla distanza giusta e che forse noi siamo gli unici.
Tuttavia, la maggior parte degli esperti è piuttosto incline a credere che un pianeta in orbita giusta non dovrebbe costituire un'eccezione.
La stima ottimistica è del 20%, la pessimistica può scendere al 10%.
Numero dei sistemi solari simili al nostro che potrebbero avere un pianeta in posizione giusta
Come si vede, in 2 passaggi, il pessimista si trova già a una valutazione cento volte inferiore rispetto all'ottimista (cioè 10 milioni rispetto a 1 miliardo).
A questo punto, nasce una domanda importante: ammesso che esista un pianeta adatto, quale è la probabilità che la vita sia poi veramente cominciata?
Questo è il punto più controverso. Tutti sono d'accordo che si possono formare ovunque molto facilmente delle molecole organiche, le quali sono già in pratica i mattoni della vita: quanto
però alla probabilità che si uniscano insieme per creare delle grandi molecole capaci di replicarsi per poi dare origine a delle forme di vita di tipo batterico, questo dipende da valutazioni
veramente soggettive, perché oggi non disponiamo di parametri validi.
Alcuni ritengono che ciò sia assai poco probabile, altri invece ritengono che se il tempo a disposizione per un evoluzione biochimica è sufficiente, ci sono buone probabilità che questo processo
si verifichi. Altri ritengono addirittura che si tratti di un fenomeno quasi spontaneo, così come avviene per la formazione di amminoacidi.
Asimov è fra questi e nel suo libro dà questo evento al 100%, considerandolo praticamente una conseguenza spontanea quando il pianeta è adatto alla vita.
A questo punto ci sembra ragionevole sdoppiare le ipotesi pessimistiche.
Un moderato (cioè che accoglie le precedenti valutazioni pessimistiche, ma in questo caso si dimostra assai più possibilista) potrebbe valutare questo evento al 50%.
L'ipotesi estrema potrebbe, in teoria, scendere a zero: ma in realtà nessuno di coloro che studiano questi problemi esclude che ciò sia avvenuto.
Una probabilità su 10.000 (lo 0,01%) sembra poter rappresentare una valutazione abbastanza pessimistica. Si hanno quindi a questo punto 3 cifre.
Numero di pianeti adatti alla vita su cui può essersi sviluppata una forma di vita di tipo batterico
Il passo successivo è l'evoluzione della vita.
Qui c'è abbastanza accordo sul fatto che la vita, una volta partita, possa in qualche modo evolversi. Per gli ottimisti, l'apparizione di esseri pluricellulari è solo questione di tempo: 70% di probabilità. Il moderato potrebbe dire: 20 probabilità su 100.
Il pessimista potrebbe scendere a 5 probabilità su 100.
Numero dei pianeti sui quali da forme di vita di tipo batterico avrebbero potuto svilupparsi forme di vita di tipo pluricellulare
Vediamo ora il gradino successivo: lo sviluppo dell'intelligenza.
Per l'ottimista il passaggio dall'essere pluricellulare a forme intelligenti è quasi certo (90%).
Il moderato potrebbe valutare questa probabilità al 25%; il pessimista al 2%.
Numero dei pianeti sui quali partendo da forme di vita di tipo pluricellulare avrebbero potuto svilupparsi forme di vita intelligenti
Una volta che si arriva agli esseri intelligenti, gli ottimisti ritengono che il passaggio a forme di vita sociale con sviluppo di forme di tecnologia sia ovvio (100%).
Anche il moderato si sbilancia e accetta l'idea che partendo da forme di vita intelligenti (dato un tempo sufficiente) si possa giungere a una società tecnologica (100%).
Il pessimista invece ritiene che ciò possa avvenire solo molto raramente (5%).
Numero dei pianeti dei quali, partendo da forme di vita, avrebbe potuto svilupparsi una civiltà tecnologica
Ma subentra a questo punto un altro notevole passaggio restrittivo.
Se vogliamo comunicare con un'altra civiltà extra terrestre, infatti, noi non siamo ovviamente interessati alle eventuali civiltà già scomparse o a quelle non ancora nate:
noi siamo interessati solo a quelle contemporanee, cioè, che esistono in questo momento.
Per fare questo calcolo occorrerebbe sapere quanto dura una civiltà tecnologica.
Perché se dura un tempo molto lungo, allora ci sono più probabilità che le nostre esistenze si incrocino; se la durata è molto breve, allora le probabilità diminuiscono notevolmente.
Mediamente, sulla Terra un mammifero (come specie) dura 5 o 10 milioni di anni; l'uomo con la sua civiltà tecnologica, durerà di più o di meno?
Asimov dice di meno: solo un milione di anni.
Nota Silverland:
se consideriamo i disastri che l'uomo sta causando solo dal 1950 al 2050 nello specifico:
"se ci va bene" per essere più che ottimista, forse (molto forse) riusciremo ad arrivare al 3000 d.C. (ma ho grossissimi dubbi in merito se consideriamo anche le guerre oltre all'inquinamento).
Se si applica un criterio analogo per gli altri pianeti, facendo un po' di conti, si ha solo una probabilità su 1000 (cioè lo 0,1%) che un'altra civiltà tecnologica sia nostra contemporanea.
Questa è l'ipotesi ottimistica.
Il pessimista moderato potrebbe dire che la durata di una civiltà tecnologica è molto inferiore al milione di anni: solo 20.000 anni.
Tuttavia, poiché un sistema solare del nostro tipo (e quindi un pianeta come la Terra) è solo a metà strada della sua esistenza (e quindi ha ancora qualche miliardo di anni di vita), potrebbero riemergere in seguito, sullo stesso pianeta, varie volte, altre civiltà.
Diciamo 10 altre volte per complessivi 200.000 anni.
Quindi lo 0,02%.
Il pessimista invece, potrebbe dire che una civiltà tecnologica dura solo 2000 anni, poi si autodistrugge e non riappare mai più. Ecco quindi le nostre ultime cifre.
Numero dei pianeti della galassia sui quali esiste una civiltà tecnologica
La cifra ottimista è molto elevata: secondo Asimov esisterebbero oggi nella nostra Galassia 600.000 civiltà extraterrestri. Ci sembrano decisamente troppe, anche se non abbiamo prove per dimostrare il contrario. Il pessimista moderato arriva alla cifra conclusiva di 50.
Cioè noi saremmo una delle poche civiltà tecnologiche oggi esistenti nella Galassia.
Tra queste 2 cifre, 50 e 600.000, esiste dunque un ventaglio di probabilità, in cui si possono situare coloro che ritengono possibile o probabile l'esistenza di altre civiltà nella nostra
Galassia. Quanto al pessimista egli è sceso molto al di sotto dello zero e, secondo i suoi calcoli, noi non dovremmo praticamente esistere se non per puro caso.
C'è infatti solo 1 probabilità su 10 milioni (appunto lo 0,0000001) che esista oggi una civiltà tecnologica nella nostra Galassia. Siamo stati eccezionalmente fortunati ad apparire.
E’ come se avessimo azzeccato 5 volte di seguito un en plein alla roulette.
❖ Una sorprendente moltiplicazione
Non so quale di queste varie opzioni è più vicina al vostro modo di vedere.
Si tratta naturalmente di un esercizio teorico e ognuno può scegliere delle strade intermedie o zigzaganti o diverse. E rifare i conti per le sue ipotesi.
Se però, sostanzialmente, le vostre conclusioni rimangono nell'arco di queste valutazioni, c'è un fatto molto sorprendente che succede.
Infatti, queste cifre si riferiscono soltanto alla nostra Galassia.
E nell’Universo esiste un numero immenso di galassie: si calcola ve ne siano almeno 10 miliardi osservabili...
A questo punto le cifre cambiano completamente, perché bisogna moltiplicare il tutto per almeno 10 miliardi e allora si sale a cifre sbalorditive.
Il pessimista, in tal caso, salirebbe da 0,0000001 a 1.000.
Vale a dire che in base alle sue restrittive percentuali di valutazione, vi sarebbero oggi nell'Universo almeno 1.000 civiltà extraterrestri.
Il moderato salirebbe a 500 miliardi...
E l’ottimista a 6 milioni di miliardi di civiltà extraterrestri contemporanee alla nostra!
Ecco quindi i dati conclusivi per l'Universo:
Numero di civiltà tecnologiche oggi nell'universo
Sono cifre che ci appaiono strabilianti ed eccessive: d'altra parte si deve pur ammettere che per escludere l'esistenza di altre civiltà nell'Universo bisognerebbe ricorre a percentuali ancora più basse di quelle adottate nell'ipotesi pessimistica.
Cioè bisognerebbe essere più pessimisti del pessimista.
In altre parole, questo esercizio probabilistico ci mostra che il numero di stelle è talmente elevato che, pur mantenendosi bassi, si ottengono in definitiva cifre sorprendenti, anche se non riusciamo a valutare quali sono queste probabilità perché ognuno può rendersi conto che le variabili sono troppe e nessuna cifra attendibile può uscirne fuori.
Questi calcoli insomma, pur non potendo dimostrare alcunché, sembrano indicare che valga la pena di tentare una ricerca seria e di passare dalla teoria alla pratica:
cioè, di arrivare alla fase sperimentale. Infatti nella scienza c'è una regola d'oro che è alla base di tutto il processo delle conoscenze: qualsiasi ipotesi o teoria è la benvenuta, però non hanno alcun valore scientifico fino a quando non vi sono delle verifiche sperimentali.
Il metodo sperimentale è il solo valido.
Altrimenti uno può dire una cosa, un altro il contrario, un terzo un'altra cosa ancora senza poter provare nulla. Le teorie sono certamente utilissime perché sono stimolanti e servono per impostare una ricerca.
Ma senza verifiche sperimentali restano quello che sono: cioè solo delle ipotesi.
Ma allora come si fa a verificare se esistono delle civiltà extra terrestri?
C’è per ora un solo metodo sperimentale possibile: quello di mettersi in ascolto dello spazio con dei radiotelescopi e cercare di captare dei segnali radio.
[*] L'analisi delle probabilità di Isaac Asimov da "Extraterrestrial Civilizations" 1979.
Nella nostra Galassia Via Lattea ci sarebbero:
Tratto dal libro "Nel Cosmo alla ricerca della vita" scritto da Piero Angela nell'anno 1980.
Info presenti anche sul libro di Nino Capobianco "Impatto psicologico in ipotesi di civiltà extraterrestri" anno 2021.