In una intervista al Dr. Norman Bergrun, da parte di un ricercatore e giornalista di UFO Magazine è trapelata la notizia che: il segnale captato dalla sonda Cassini proveniva dalle astronavi aliene in ordita su Saturno!
❖ Chi è Norman Bergrun?
Bergrun ha lavorato come ricercatore alla NASA per 12 anni, poi alla Lockheed Missili e Space Company (ora Lockheed Martin), dove era responsabile della pianificazione e analisi delle prove
di volo per la Marina di lancio dei missili Polaris.
Durante i suoi 13 anni alla Lockheed, egli ha anche servito in qualità di scienziato responsabile per le applicazioni satellitari e spaziali.
Norman Bergrun aveva intrapreso uno studio dettagliato di immagini della NASA provenienti dalle sonde spaziali Voyager 1 e Voyager 2 inerenti fotografie degli anelli di Saturno.
Egli ha scoperto che anelli sono formati da emissioni elettromagnetiche emergenti da giganteschi veicoli (EMV) e che questi sono controllati da una forma di intelligenza extraterrestre. In uno studio pubblicato sul suo libro "Ringmakers of Saturno", mette in risalto le ricerche effettuate su molte immagini fotografiche a colori provenienti da Saturno ma di fonte NASA. Al Dr. Bergrun vanno le congratulazioni della comunità di ricercatori, per le migliaia di ore di studio e la documentazione delle sue conclusioni.
Su Saturno ci sono giganteschi veivoli spaziali!!
"I misteriosi segnali captati dalle sonde spaziali come le vecchie Voyager 1 e 2 e la super tecnologica Cassini Huygens, sono la dimostrazione della presenza di Giganteschi veicoli spaziali che
sono operanti nelle vicinanze di Saturno, il secondo pianeta più grande del nostro sistema solare. E non solo! La presenza di tali veicoli Extraterrestri è sicuramente uno dei più importanti...
Segreti di scoperte fatte nello spazio.
Grandi veicoli cilindrici, appartengono ad una sconosciuta e altamente sofisticata civiltà extraterrestre; questi sono presenti anche nelle regioni di Marte e Luna." (N. Bergrun)
Nel 1996, il nostro grande telescopio spaziale Hubble era alla ricerca di nuove Lune su Saturno e Giove. Ma, quel giorno, il telescopio ha avuto modo di fare delle fotografie a infrarossi di Saturno e, proprio sulle quelle fotografie, sono stati scoperti misteriosi veicoli di origine sconosciuta che potrebbero essere Astronavi madri o comunque, un certo tipo di grandi vettori di trasporto alieni.
Una di queste misteriose astronavi (enormi) sembra avere un diametro vicino a quello della Terra e un'altra avrebbe più di 50.000 Km di lunghezza!
Nel suo libro "Ringmakers di Saturno" il Dr. Norman R. Bergrun, in collaborazione con Walter Vincenti, Prof. emerito di aeronautica e astronautica presso la Stanford University, che ha descritto gli anelli di Saturno e che a suo dire (in realtà) non sarebbero del tutto naturali, ma, artificialmente costruiti da gigantesche astronavi cilindriche Extraterrestri operanti nelle vicinanze di Saturno. Chi sta facendo/creando questi anelli e altri dispositivi artificiali nel nostro sistema solare? Quale è il motivo di tutto questo?
Non dimentichiamoci che il Colonnello Philip Corso nel 1947 ebbe un incontro con un essere extraterrestre e che, in questo incontro, Corso chiese da quale pianeta venissero e quali fossero i loro scopi. La risposta è stata:
"noi siamo I CREATORI! Noi siamo anche chiamati I GRIGI".
Loro sono quindi i creatori di/dei Mondi?
Se leggiamo gli antichi testi Sumeri (Enuma Elish) i famosi Nephilim erano descritti come i Guardiani e Creatori dei Mondi.
Contattarci per ora non sembra essere tra i loro interessi.
Ma qualcosa si muove nella giusta direzione.
Sappiamo che si tratta di esseri altamente avanzati in grado di creare cose incredibili nel nostro sistema solare. Hanno enormi veicoli che possono essere misurati in diametri di pianeti come la
Terra.
Un veicolo Extraterrestre di una tale e enorme dimensione, ha la capacità di sostenere tutta una civiltà. Sono anche in grado di creare anelli intorno a pianeti enormi come Saturno o Giove e di creare satelliti o lune intorno ad essi.
Sembrerebbe che anche noi facciam parte di questo grande progetto.
Abbiamo lanciato segnali nello spazio, questa è cosa risaputa.
Dalle prime placche metalliche incise sulle sonde Voyager, fino all'invio attivo di messaggi su diverse frequenze nel 1999 e nel 2003 ("Cosmic Calls"), cerchiamo di continuo di instaurare una comunicazione con eventuali forme di vita aliene oltre i limiti del nostro Sistema Solare.
Siamo anche in ascolto e da diversi anni per giunta.
E' oltre un trentennio infatti che il telescopio di Arecibo scandaglia lo spazio alla ricerca di messaggi extraterrestri (dall' invio del primo messaggio nel 1974, diretto verso la galassia M13), ma, fino ad ora, a parte un paio di segnali di dubbia natura, niente di fatto.
La questione posta dalla California Institute of Technology in collaborazione con la Stanford University è la seguente:
i messaggi che abbiamo inviato sono facili da decifrare?
Il messaggio utilizzato, per esempio, durante le Cosmic Calls è una serie di immagini che raffigurano numeri, codificate secondo uno schema binario (sequenza di zero ed uno) trasmesso su una
frequenza radio che va trasformato in immagine per poter essere decodificato e per iniziare ad interpretarlo.
Secondo Michael Busch e Rachel Reddick, i messaggi inviati nello spazio non sono il massimo per essere compresi da civiltà estranee alla nostra.
Lanciati nella creazione di un codice universalmente decifrabile basato sulla matematica e sulla fisica, Busch elaborava il codice, mentre Reddick recitava la parte dell'alieno che tentava di decifrarlo. Il metodo d'invio si basa sulle onde radio, come il resto degli altri messaggi lanciati in precedenza; ma invece di tradurre la sequenza di zero ed uno in un'immagine, il codice di Busch è studiato per essere decifrato e trasformato in equazioni matematiche. Ricevuto il codice, Reddick, senza un frammento della parte iniziale ed alcuni pezzi del corpo del messaggio, come se fosse stato parzialmente distorto dal passaggio nello spazio e, non conoscendo nulla sul codice, con il solo aiuto di carta e matita è riuscita a decifrarne la parte iniziale. Equazioni relative alla gravità ed alla massa atomica, che, secondo Busch, sono "numeri senza dimensione che dovrebbero essere universalmente riconosciuti". Dopo questo primo passaggio, il resto del codice è stato facilmente decifrato: un'altra serie di equazioni sulla massa atomica di alcuni elementi, formule chimiche relative alla vita sulla Terra e alla struttura del nostro sistema solare.
Il codice ovviamente presuppone che le (eventuali) civiltà extraterrestri che potrebbero riceverlo, dispongano delle nostre stesse cognizioni matematiche, astronomiche e fisiche.
Ma il codice è stato decifrato anche da 5 studenti non ancora laureati nel giro di (solo) un'ora, cosa che fa ben sperare per una facile comprensione del messaggio da parte di una civiltà scientificamente pari alla nostra. Per ora sembra che il codice non abbia molte possibilità di essere lanciato nello spazio. La ricerca di forme di vita extraterrestri non è finanziata da alcun governo e si basa su fondi privati, ragione che spesso ne limita il raggio d'azione e le possibilità di effettuare importanti passi avanti.
E’ il Ferragosto di 33 anni fa (1977) quando l’umanità riceve quello che potrebbe essere stato il primo segnale inviatoci da un’intelligenza extraterrestre.
E' un forte segnale radio a banda stretta rilevato dal radiotelescopio "Big Ear" (Grande Orecchio) dell’Ohio State University. Durò 72 secondi, un’unica volta.
Purtroppo, non venne mai più ripetuto e non fu possibile confermarlo con altri rilevamenti.
Si trattava sicuramente di un segnale che non proveniva dalla Terra, né dal sistema solare.
E’ passato alla storia come “Wow segnal” per il commento scritto dal ricercatore che l’aveva ricevuto, il Dr. Jerry R. Ehman, sui tabulati elaborati dal computer del radiotelescopio, “wow!”, stupito ed emozionato per l’eccezionalità di quel rilevamento.
Analizzando la fonte del segnale si ricavarono alcune coordinate che ne indicavano la provenienza dal confine sud-orientale della costellazione del Sagittario.
Lì, potrebbe esservi una civiltà aliena con tecnologia simile alla nostra.
Purtroppo, l’unicità e l’episodicità di quel “segnale Wow” ha impedito qualsiasi ulteriore conferma da parte della comunità scientifica che ha catalogato il rilevamento dell’Ohio come “fenomeno” o “anomalia” non spiegabile ed impossibile da verificare.
Quindi, non del tutto attendibile. Ma che si trattasse di un segnale modulato, quindi con una struttura “intelligente” al suo interno non ci sono dubbi: il radiotelescopio Big Ear era fisso e per scandagliare il cielo sfruttava la rotazione della Terra.
Alla velocità della quale ciascun punto dello spazio poteva essere osservato per una finestra di appena 72 secondi. Ed il segnale occupò l’intera “finestra” di osservazione di “Big Ear”, con un graduale innalzamento di intensità per i primi 36 secondi e, con una progressiva diminuzione speculare dopo che il segnale radio aveva raggiunto il centro della finestra osservativa. Quindi, sia per la sua durata, che per la sua forma, il segnale Wow rivelò una chiara matrice intelligente di origine extraterrestre.
Il segnale era stato modulato in quel modo con un preciso significato (che purtroppo ci sfugge) e con una precisa intenzionalità, in ogni caso non attribuibile a qualsiasi fenomeno naturale conosciuto, ne, a qualsiasi altra fonte terrestre.
Un segnale affascinante ma ancora pieno di misteri.
Il radiotelescopio Big Ear utilizzava infatti 2 “antenne a tromba”, solo una di queste fu in grado di rilevare il segnale wow, mentre l’altra non rilevò nulla di insolito.
Ed anche questo è un fatto inspiegabile.
Lo stesso segnale sarebbe dovuto riapparire 3 minuti dopo, ma non avvenne.
Ehman osservo con “Big Ear” più volte il punto di provenienza del segnale, ma non captò più nulla.
Anche altri ricercatori cercarono di scandagliare con altri potenti mezzi quell’area di spazio, ma sempre senza risultati. Ci provò Robert Gray nel 1987 e nel 1989 con l’array Meta dell’Oak Ridge Observatory. Lo stesso scienziato ci riprovò nel 1995 e nel 1996 con il Very Large Array, molto più potente del Big Ear, ma ancora senza captare alcun segnale simile al “wow”. Infruttuoso anche il tentativo fatto nel 1999 utilizzando il radiotelescopio di 26 metri dell’University of Tasmania di Hobart: 84 ore di “ascolto” del cielo nelle vicinanze della costellazione del Sagittario da cui era provenuto il segnale modulato del 1977, ma anche questa volta nessun “wow”. L’astrofisico Frank Drake (cui si deve una famosa equazione matematica che dimostra come nello spazio vi siano certamente milioni di mondi abitabili, in cui può essersi sviluppata una civiltà simile a quella della Terra), fornì una spiegazione semplice ma attendibile sull’unicità del segnale wow, partendo dal presupposto che fosse stato comunque inviato da una civiltà tecnologicamente avanzata con l’intenzione di comunicare con altre civiltà del cosmo.
Per farlo in tutte le direzioni avrebbe dovuto impiegare una grande quantità di energia creando un segnale relativamente debole. Per ottenere un segnale più potente ed in grado di espandersi a grandi distanze, la stessa civiltà avrebbe sicuramente dovuto focalizzarlo con la stessa quantità di energia in un fascio molto più stretto.
Questo avrebbe avuto come conseguenza il fatto che gli eventuali ascoltatori potessero rilevare il segnale soltanto per pochi minuti. Ed una sola volta.
E’ più o meno quello che ha fatto anche l’uomo della Terra, quando nel 1974 ha inviato un segnale analogo diretto verso altre civiltà nello spazio dal radiotelescopio di Arecibo.
Anche in quel caso l’umanità lo ha fatto una sola volta, puntando il segnale verso l’ammasso globulare di Ercole a 25.000 anni luce con un messaggio che conteneva le coordinate terrestri, simboli matematici, un uomo e una donna nudi e la spirale del Dna.
Un segnale praticamente con una sola probabilità, irripetibile, di essere captato da un’eventuale ascoltatore intelligente alieno. Proprio come il segnale wow captato da Ehman nel 1977. E c’è, sulla Terra, chi ritiene che sia molto meglio così, come il celebre astrofisico Stephen Hawkings, per il quale un’eventuale civiltà aliena più sviluppata di quella terrestre potrebbe esplorare lo spazio soprattutto per soddisfare le proprie esigenze di nuove fonti di energia, materiali, acqua, eccetera e non è detto che rinunci alla forza per ottenerle.
L’incontro con gli alieni potrebbe essere insomma più spiacevole del previsto.
Molto meglio quindi, secondo alcuni, che il segnale inviato nel 1974 dalla Terra con il nostro indirizzo di casa non sia facilmente captabile e soprattutto, non ripetibile.
Per l'astrofisico Stephen Hawking gli alieni esistono:
"meglio evitarli". Gli alieni sono là fuori e la Terra è meglio che faccia attenzione a loro".
Lo sostiene l'astrofisico britannico Stephen Hawking.
A riportare l'ultima tesi dello scienziato è il Sunday Times nel suo sito on line.
Autore del Bestseller internazionale A brief History of Time tradotto in italiano col titolo Dal Big Bang ai buchi neri.
Breve storia del tempo, Hawking si dice convinto che gli extraterrestri esistano, ma precisa: "l'umanità dovrebbe fare tutto ciò che è in suo potere per evitare qualsiasi contatto con loro".
❖ Vita aliena anche dentro le Stelle
I suoi suggerimenti sono presenti in una serie di documentari in cui l'astrofisico espone le sue ultime teorie su alcuni dei più grandi misteri dell'Universo.
La vita aliena, secondo lo studioso, esiste non solo in alcuni pianeti, ma forse al centro delle stelle o addirittura fluttua nello spazio interplanetario.
L'Universo, egli rileva, dispone di 100 miliardi di galassie, ciascuna contenente centinaia di milioni di stelle. In un luogo così grande è improbabile che la Terra sia l'unico pianeta dove si è evoluta la vita, precisa Hawking.
❖ Ma come potrebbero essere gli alieni?
Hawking suggerisce che la maggior parte di loro potrebbero essere equivalenti a microbi o ad animali semplici, cioè, il tipo di vita che ha dominato la Terra per la maggior parte della sua storia. Il problema però, suggerisce lo scienziato è che il contatto con una tale specie potrebbe essere devastante e "troppo rischioso" per l'umanità.
"Se mai gli alieni ci dovessero visitare, potrebbero sfruttare la Terra e le sue risorse, con un risultato che sarebbe simile a quando Cristoforo Colombo sbarcò in America".