Marina Lavrentievna Popovich (nata a Vasiliyeva il 30 Luglio 1931 e morta il 30 Novembre 2017) era un colonnello, ingegnere e pilota collaudatore sovietico dell'aeronautica militare sovietica. Nel 1964 divenne la terza donna e la prima donna sovietica a rompere il muro del suono. Conosciuta come "Madame MiG", per il suo lavoro con il caccia sovietico, ha stabilito più di cento record mondiali di aviazione su oltre 40 tipi di velivoli nel corso della sua carriera. Ha scritto 9 libri e 2 sceneggiature.
Tra i molti altri premi è stata premiata come Eroe del Lavoro Socialista, l'Ordine del Coraggio (presentata personalmente da Vladimir Putin nel Giugno 2007).
Una stella nella costellazione del Cancro porta il suo nome.
Il libro sostiene che il contatto con civiltà extraterrestri sono di lunga data.
Per migliaia di anni hanno creato sulla Terra un sacco di oggetti che formano un sistema di trasmissione di informazioni. Tutti si distinguono per singoli e simboli sconosciuti alla produzione delle tecnologie dell'informazione l'umanità ...
Gli ET avvertono che l'indebolimento del campo magnetico terrestre ha raggiunto un valore critico e minaccia la vita del genere umano.
Istruzioni per l'Intelligenza Extraterrestre in cerchi nel grano indicano come uscire da cataclismi globali che inizierà molto presto.
Questa edizione espone il fenomeno UFO con una vasta gamma di fotografie a colori che illustrano gli UFO, alieni e elementi correlati al fenomeno UFO, più numerose testimonianze rilasciate dai testimoni degli avvistamenti.
❖ Marina Popovich e gli UFO
Marina Popovich è stata esplicita sulla realtà UFO.
Ha scritto un libro intitolato Glasnost UFO (pubblicato nel 2003 in Germania) e tenuto conferenze pubbliche e interviste.
Ha dichiarato che ci sono stati più di 3000 avvistamenti UFO segnalati da piloti militari e civili sovietici. Anche se le sue dichiarazioni non sono ufficiali, lei dice che il Soviet Air Force e il KGB dispongono di frammenti di cinque UFO schiantati .
I siti citati sono stati gli incidenti di Tunguska 1908, Novosibirsk, Tallinn/Estonia, Ordzhonikidze/Caucaso e Dal'negorsk 1986.
La Popovich ha dichiarato che i detriti che sono stati analizzati, portano ad un' unica risposta, che non sono prodotti sulla Terra con tecnologia terrestre.
Nel 1991, ha anche visualizzato quello che lei afferma, nell'ultima foto scattata dalla sonda russa Phobos 2, il contatto con la Terra prima di scomparire.
Questa foto (sotto) mostrerebbe una figura inspiegabile cilindrica, che potrebbe essere un artefatto.
Alfred Webre, uno dei ricercatori UFO e promotore del Disclosure Project sugli UFO, ha intervistato nel mese di Maggio 2014 la Cosmonauta Marina Popovich.
Gli appassionati ed esperti UFO la ricorderanno per la sua battaglia del Disclosure UFO in Russia, relativa all’incidente delle sonde russe Phobos 1 e Phobos 2 dirette su Marte e abbattute da un UFO a forma di sigaro, prima di arrivare su una delle 2 lune marziane, appunto Phobos. Marina Popovich, soprannominata “Russian Chuck Yeager”, è famosa nel mondo dell’aviazione sovietica e possiede 17 documenti circa la missione segreta delle sonde Phobos 1 e 2 con altrettante fotografie delle astronavi aliene avvistate e fotografate dalle stesse sonde prima di essere abbattute.
La Popovich, (82 anni), che ho potuto conoscere telefonicamente nel 2004, grazie ad un’amica giornalista dell’ANSA a Mosca, era stata da me invitata per partecipare ad un convegno dedicato alla presenza UFO nello spazio, ma purtroppo, per via di problemi legati al visto del passaporto per raggiungere il nostro paese, non era potuta venire a raccontare la storia dell’ipotetico abbattimento delle sonde russe da parte di un UFO sulla luna di Phobos.
Marina Popovich è un ex colonnello sovietico dell’ Air Force e leggendario pilota collaudatore che detiene 107 record mondiali impostati su oltre 40 tipi di velivoli dell’aviazione.
Lei è uno dei piloti più famosi della storia russa è uno dei piloti più importanti di tutti i tempi.
Recentemente, Alfred Webre la intervistò e ha promise che tra il Settembre e l'Ottobre 2014, si recherà negli Stati Uniti per partecipare ad una conferenza ufficiale nella quale annuncerà la personale decisione di schierarsi a favore del Disclosure Project sugli UFO e favorire il rilascio di tutte le informazioni riguardanti la presenza extraterrestre sul nostro pianeta, ma soprattutto, per parlare una volta per tutte dell’incidente su Phobos.
In questa occasione, verrà accompagnata da 2 colleghi astronauti americani che la supporteranno in questo tentativo di approccio sia con il governo e con il Congresso americano, affinché decidano finalmente di rivelare pubblicamente la verità sugli UFO.
❖ L'incidente delle sonde Phobos 1 e 2
Nel Luglio del 1988, i russi lanciarono in direzione di Marte 2 sonde scientifiche senza uomini, la "Phobos 1" e la "Phobos 2", con l’obiettivo principale di studiare la misteriosa luna del
Pianeta Rosso. Il contatto con “Phobos 1” sfortunatamente si perse dopo 2 mesi di viaggio, a causa (questa la spiegazione ufficiale) di "un comando radio sbagliato".
Anche il contatto con "Phobos 2" si interruppe in circostanze misteriose: ma non prima che la sonda inviasse alcune immagini e dati del pianeta Marte.
"Phobos 2" era arrivò a destinazione nel Gennaio del 1989 e si collocò in orbita intorno a Marte, preparandosi alla sua missione primaria: trasferirsi in un’orbita "in tandem" con Phobos per
esplorare la piccola luna con sofisticati equipaggiamenti, fra i quali, 2 capsule strumentali che dovevano essere piazzate sulla superficie della luna stessa.
Tutto andò bene fino al momento in cui "Phobos 1" (la sonda) non si allineò con Phobos (la luna). In quel momento, il 28 Marzo, il centro di controllo della missione sovietica improvvisamente e
senza preavviso cominciò ad avere "problemi di comunicazione" con la navicella. L’agenzia di stampa ufficiale sovietica (all'epoca esisteva ancora l’URSS), la TASS, riportò in un comunicato che
la sonda "aveva perso il contatto con la Terra dopo aver completato una serie di manovre attorno alla luna di Marte, Phobos e gli scienziati non furono in grado di ripristinare il
collegamento radio".
La prima foto venne resa pubblica il 22 Novembre 1991 alla trasmissione Larry King Live, quando il direttore del Centro Studi UFO Don Ecker, apparve in mostra con l’autore Keith Thompson, disse
che l’UFO catturato dalla macchina fotografica di Phobos 2 aveva una lunghezza stimata in circa 15 miglia.
Molte polemiche circondarono l’ultima foto scattata da Phobos 2 (vedi sopra), la foto sembra mostrare un lungo oggetto sottile, appena sotto la luna Phobos.
Le stime formulate sulle dimensioni e lunghezza erano stimate in parecchi chilometri.
Tuttavia, i critici dissero che l’oggetto avrebbe potuto essere altro, anche un "artefatto" della fotocamera, dal momento che molte immagini della fotocamera stessa mostravano delle linee che, molto probabilmente, erano dovute alla trasmissione.
Quelle striature bianche sono simili all’oggetto spaziale non identificato dissero.
Di seguito potete osservare la sequenza delle immagini scattate dalla sonda russa prima della sua scomparsa.
Eppure, molti sostenevano che l'immagine mostrava un UFO.
La fotografia sopra è stata rivelata nel Dicembre 1991 da Marina Popovich.
Ella sosteneva che la fotografia gli venne data dal cosmonauta Alexei Leonov, che fu il primo uomo a camminare nello spazio e anche un alto funzionario del programma spaziale sovietico e che lei aveva ceduto ad altri ricercatori "di contrabbando" fuori dell’ex Unione Sovietica. Secondo Marina, le foto trasmesse dalle sonde, mostrano chiaramente un UFO (o Astronave Aliena) sospeso vicino alla luna Phobos e che questo è "il primo documento fotografico mai trapelato di una Alien Mothership (astronave madre aliena) nel sistema solare". Disse che questo a quanto pare, sarebbe stata la causa della scomparsa della sonda Phobos 2, ovvero, questo oggetto alieno avrebbe sparato un raggio contro la sonda Phobos distruggendola.
È stata tra i migliori piloti di tutti i tempi, un’eroina dell’unione sovietica che ha frantumato centinaia di record di volo. Si è spenta oggi a 86 anni Marina Popovich, pilota dell’aviazione sovietica e detentrice di centinaia di record aeronautici.
Wired Italia l’ha incontrata qualche mese fa nella sua casa alla Città delle Stelle, vicino Mosca. In quella che è di fatto la sua ultima intervista, Marina Popovich ci ha raccontato la sua straordinaria vita. La pubblichiamo integralmente qui sotto.
Si dice che il cielo sia il limite.
Ma la vita di Marina Popovich, “Madame Mig”, come la chiamavano negli anni della cortina di ferro è una vita che coi luoghi comuni ha ben poco a che vedere.
Per conoscerla è più utile uno dei mille aneddoti che la riguardano: è il 1950, non ha ancora vent’anni. Una mattina si presenta all’aerodromo di Tušino, a Mosca, con una dichiarazione firmata da Kliment Vorošilov, Presidente del Presidio del Consiglio Supremo dell’Unione Sovietica. La lettera (ottenuta pochi giorni prima su indicazione di Nikolai Kamanin, già eroe nazionale e futuro selezionatore dei cosmonauti, quelli che alla faccia degli Stati Uniti raggiungeranno lo spazio per primi) comanda che la ragazza sia sottoposta ai test di volo per l’ammissione all’aeronautica militare.
Dopo la fine della guerra, quando i reggimenti d’aviazione costituiti da donne erano solo 3, l’indicazione per le compagne è di partorire i futuri assi del cielo, non di farne parte.
Ma Marina Popovich, nata Vasiliyeva il 20 Luglio del 1931 a Leonenki, in Russia, la pensa in modo diverso. Oggi, a 67 anni di distanza, è una leggenda dell’aviazione, Eroe del lavoro socialista e Ordine del coraggio assegnatole nel 2007 da Vladimir Putin.
È la prima donna ad aver superato il muro del suono nel 1964.
Vanta record stabiliti su 40 tipi di velivoli diversi in 5600 ore di volo e una stella a suo nome nella costellazione del Cancro. Quando le si chiede di presentarsi, però, dice tutt’altro.
Signora Popovich, lei come si definirebbe quindi?
Marina Popovich:
sono una poetessa, un’ingegnere e un’ex pilota di classe uno.
Come è iniziato tutto? Come andò quella mattina a Tušino?
Marina Popovich:
dopo 24 mesi di rifiuti da parte dell’accademia, mi presentai all’aerodromo con la lettera di Vorošilov. E quando arrivai mi si gelò il sangue.
Perché?
Marina Popovich:
sulla pista, per l’esame, c’erano 3 Yak, apparecchi ben diversi da quelli su cui avevo imparato a volare a Novosibirsk. 15 minuti prima del test, con l’aiuto di un altro candidato, scrissi su un foglio le tecniche di pilotaggio di quell’aereo sconosciuto, le velocità di decollo e i parametri delle figure acrobatiche. Poi, quando arrivò il Generale Balashov, l’esaminatore, gli chiesi un cuscino.
Un cuscino?
Marina Popovich:
sì. Con i miei 160 centimetri d’altezza non arrivavo alla pedaliera dell’aereo.
In tutta risposta Balashov mi chiese se volessi anche una bambola per mettermi a mio agio.
Ma non ne ho mai avute e glielo dissi. Quindi, sistemato il cuscino, decollai.
Feci tutte le manovre richieste, mi spinsi anche in un avvitamento e poi atterrai.
Un rientro rivedibile, a essere onesti»
Andò bene?
Marina Popovich:
Balashov mi diede il massimo dei voti. “Soprattutto perché questo aereo lei non l’ha mai visto prima” disse, lasciandomi di stucco. Gli domandai come lo sapesse:
“Se no avrebbe sistemato la pedaliera, è regolabile”, rispose ridendo.
Da quel momento ero un cadetto dell’aeronautica sovietica.
E la ragazza più felice del mondo.
Perché tanta determinazione?
Marina Popovich:
volevo vendicarmi e al maresciallo Vorošilov, quando gli chiesi la lettera di presentazione, lo dissi chiaramente.
Vendicarsi?
Marina Popovich:
tutto quello che ho vissuto arriva dal cielo. Come gli aerei nazisti che nel ’41, quando avevo 10 anni, attaccarono Velizh dove vivevamo. Sono certa scendessero in picchiata per essere più precisi con le bombe. Rasero al suolo villaggi interi.
Quindi occuparono tutta la zona, facendo rastrellamenti in moto e uccidendo chiunque tentasse la fuga. Ricordo quando un aereo uccise una donna che portava l’acqua dal pozzo.
Aprì il fuoco 2 volte, la seconda quando lei era già a terra per assicurarsi fosse morta.
In quel preciso momento decisi che proprio dal cielo mi sarei vendicata.
Capii che solo dominandolo, dall’alto, avrei potuto proteggere la mia famiglia.
Questo dissi a Vorošilov; per me era un’ossessione.
Come arrivò ad arruolarsi?
Marina Popovich:
dopo che i tedeschi incendiarono un villaggio accanto al nostro, la mia famiglia decise di scappare. Partimmo per la Siberia, alloggiando prima nel cimitero di Ojash, visto che per gli sfollati non c’era altro posto, per arrivare 2 mesi dopo a Pushkarivka.
Da lì a Novosibirsk.
Dove decise di iscriversi all’istituto aeronautico…
Marina Popovich:
...a dire il vero a una scuola per saldatori, perché, l’anno precedente, avendo preso la malaria, i miei voti non erano abbastanza buoni per l’aviazione.
Quando il mio nome non comparve fra gli ammessi ai corsi di pilotaggio diedi di matto.
Solo Igor Karpinskij, che nella zona era un aviere piuttosto noto, riuscì a calmarmi, promettendomi che mi avrebbe insegnato a volare al vicino aero club.
Fu proprio così. Ricordo il mio primo decollo in solitaria come fosse ieri.
La sua vendetta si sarebbe realizzata.
Marina Popovich:
tutt’altro; mi torna distintamente alla memoria la gioia che volare da sola, manovrando un velivolo come fosse una parte di me, seppe regalarmi.
In quel momento la rabbia che mi aveva trascinato per anni, anche dopo la guerra, svanì di colpo. Fu sostituita da un senso di responsabilità profondo, quasi solenne, nei confronti delle persone che potevo e dovevo proteggere. Dando sempre il meglio di me.
Alzando, giorno dopo giorno, le mie aspettative.
Per questo, una volta diventata pilota, il mio obiettivo fu subito un altro: testare gli aerei migliori che i nostri ingegneri avessero costruito. Dovevo diventare collaudatrice.
Ce la feci 8 anni dopo, passando in 24 mesi dalla terza alla prima classe.
La più alta.
Quali ricordi ha della sua lunga carriera di collaudatrice?
Marina Popovich:
i più cari non sono legati a me, ma al mio diretto superiore, il colonnello Vasilij Gavrilovic Ivanov. Era una celebrità, bastava dire “VG” che tutti sapevano chi fosse.
Due storie basterebbero per descriverlo:
Un azzardo…
Marina Popovich:
...no, un uomo che aveva riconquistato la vita. Quei tulipani li portò a me:
“Sono per lei Marina, mi disse, si può far atterrare un aereo con un motore non operativo.
Io e questi fiori ne siamo la prova”.
Ancora una volta fu il cielo a cambiare le mie prospettive.
Spingersi oltre, percepire il limite come un nuovo punto di partenza.
Non è come dirlo o scriverlo: fra gli anni ’50 e ’60 i collaudatori di velivoli sperimentali morivano al ritmo di uno la settimana. Gli aerei di Marina Popovich presero fuoco 2 volte in volo. La prima si salvò non si sa come dopo essere precipitata.
La seconda, nel ’66, a bordo di uno Yak 25, riuscì ad atterrare con un motore fuori uso e quasi senza carburante. A riceverla una delegazione intera: aveva appena superato di 244 chilometri il record mondiale di percorrenza che era americano.
Già durante gli studi aveva incontrato l’uomo che avrebbe sposato.
Era un cadetto anche lui.
Al primo appuntamento gli regalò un mazzo di margherite, il fiore degli aviatori, colte accanto alla pista di Novosibirsk. Pavel Popovich era rimasto così colpito dal gesto, che più di 10 anni dopo, il 12 Agosto del ’62, avrebbe portato quel bouquet, fatto essiccare, sulla Vostok 4, in orbita. Poco dopo il matrimonio, Marina e Pavel furono trasferiti alla nascente Città delle Stelle, vicino Mosca.
Iniziato il programma di reclutamento nel Maggio 1959, superarono entrambi la selezione dei primi astronauti. A quel punto, per Marina, il confine da raggiungere divennero le stelle.
Il suo lavoro era fra i più pericolosi. Ebbe mai paura?
Marina Popovich:
un collaudatore non può averne. Il suo obiettivo è portare l’aereo al limite, carpirne i segreti e spiegarli agli altri. Non lo fai per te, ma per chi piloterà dopo e per le persone sopra le cui teste voli. La priorità non è la tua sicurezza, ma la loro.
E temette mai per suo marito, una volta destinato allo spazio?
Marina Popovich:
eravamo certi che gli ingegneri, soprattutto dopo alcuni incidenti all’inizio del programma, avessero tutto sotto controllo. E così fu. Peraltro cosa avrei dovuto temere?
Un lancio nello spazio era meno complesso del collaudo di un aereo sperimentale.
Cosa che non mancai mai di ricordare a Pavel: cantava meglio di come pilotasse.
Aveva una voce bellissima.
Invidiava a suo marito il fatto che sarebbe stato in orbita?
Marina Popovich:
al contrario, ero orgogliosa. E sicura che l’avrei seguito; il progettista capo del programma spaziale Sergej Korolëv e Kamanin non mi avevano ancora chiamata perché moglie di un cosmonauta, o per chissà quale motivo, pensavo.
Ero un collaudatore di prima classe, pilotavo ogni giorno le macchine volanti migliori del paese. E, detta tutta, non so nemmeno se ci avrei rinunciato per fare qualche giro attorno alla Terra.
Che cosa pensò quando fu noto che la prima cosmonauta, il 16 Giugno ’63, sarebbe stata Valentina Tereškova, paracadutista dilettante e operaia tessile e non la migliore pilota sovietica? Risulta peraltro che lei avesse superato brillantemente i primi test.
Marina Popovich:
passai la prima selezione, ma non fui ammessa fra le 5 finaliste annunciate nel Febbraio 1962.
Nessuno mi spiegò mai perché. Si dice abbia deciso Nikita Krusciov in persona: riteneva perfetto lanciare nello spazio una lavoratrice senza particolari competenze di volo.
Avrebbe dimostrato la superiorità tecnologica e sociale dell’Urss.
Pochi giorni dopo l’atterraggio, il 22 Giugno, Valentina Tereškova fu nominata Eroe, come Yuri Gagarin 2 anni prima; le fu dedicato un francobollo e nel 1966 fu ammessa al Soviet Supremo. Lei come la prese?
Marina Popovich:
continuai serenamente a lavorare. Ripresi anche a studiare per diventare docente universitario.
Per quanto fossero notizie riservate, sapevamo che il volo di Tereškova non era stato strepitoso. Non per colpa sua, sia chiaro. Ma nei 3 giorni in orbita si sentì male (ai tempi, non si conoscevano gli effetti di una prolungata assenza di peso, ndr) e durante l’atterraggio si ferì.
La notizia peggiore fu che Korolëv impose che nessun’altra donna venisse più lanciata.
Fu quello a diffondere il malcontento.
In effetti, la seconda cosmonauta, Svetlana Savickaja, decollò solo 19 anni dopo.
Tornando a lei, è vero che a escluderla fu il fatto di avere una figlia?
Sembra che suo marito e Gagarin non volessero che una madre potesse rischiare la vita.
Marina Popovich:
se Pavel c’entrò, non me lo disse. Nemmeno Kamanin lo ammise mai.
Credo sia stato Yuri a opporsi… (fa una pausa. I suoi occhi di colpo si fanno liquidi, ndr)
Pavel? Chissà. No, più di tutti credo fu Gagarin.
Più di tutti; pochi anni dopo lei e suo marito vi separaste…
Marina Popovich:
avevamo comunque vissuto anni bellissimi. Ci siamo semplicemente allontanati.
Diciamo che il mio lavoro richiedeva un po’ meno disinvoltura del suo.
È una leggenda dell’aeronautica; ha rimpianti?
Marina Popovich:
nessuna leggenda; ci sono stati e ci saranno piloti migliori di me.
Sono però orgogliosa di essere diventata una collaudatrice di prima classe.
C’è un detto giapponese che amo:
“se nella tua vita non hai incontrato difficoltà, esci e comprale.
Solo affrontandole potrai dirti uomo”.
Sono sopravvissuta alla malaria, alla carestia, alla guerra; poco prima di iniziare l’accademia rischiai di non poter più pilotare per un assideramento.
Rimasi 5 mesi in ospedale. Eppure, ho volato tutta la vita. Sa qual è il segreto?.
Prego.
Marina Popovich:
La pazienza. Che con l’impegno può portare ovunque.
Davvero niente che vorrebbe fare e non ha fatto?
Marina Popovich:
andare sulla Luna e guardare anche il mio cielo dall’alto.
E non escludo che lo farò. Ho pazienza.